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LASCIENZA E LA VITA

diFrancesco De Sanctis

 

 

 

Signori

 

Siamonel tempio della scienza. E non vi attendete già che io voglia scegliere amateria del mio dire il suo elogio. I panegirici sono usciti di modae se ci ècosa ch'io desideri è che escano di moda anche i discorsi inaugurali. Essi mipaiono come i sonetti di obbligo che si ficcano in tutte le faccende della vitae fanno parte del rito. E pensare che l'Italia in questi giorni è inondata didiscorsi inauguralie che non ci è così umile scuola di villaggio che non avràil suo. Se poi la scuola renda buoni fruttiche importa? questo è un altroaffare. Ci è stato il discorso inauguraleci sono state le battute di manoilpubblico va via contentoe non ci pensa più: se la vedano loro i maestri e gliscolari.

Questeerano le idee che mi passavano pel capoquando seppi dell'incaricoche i mieidotti colleghi vollero a me affidare. Non ci era verso di pigliare la cosa sulserio. Se ci fosse qualche avvenimento straordinarioqualche grande occasioneche mettesse in moto il cervellopassi; ma fare un discorsoperchè in ciascunannoil tal giornola tale oras'ha a fare un discorsosecondo l' articolotale del regolamentoe la pagina tale del calendario scolasticoquesto non mientrava. Se avessi avuto gli elementi di fattoquest'oggi vi avrei letta unarelazione sul valore degl'insegnamentisulla frequenza dei giovanisulrisultato degli esamisui miglioramenti fattisulle lacune rimastesulprogramma insegnativo del nuovo annoe son certo che voi avreste gradito piùqueste interessanti notizieche un discorso accademico. Ma poichè l'accademianon se ne vuole ire ancoraio che non voglio fare il ribellemi sottometto dibuon grado al calendarioed eccovi qua il mio discorsoconfidando ch'esso sial'ultimo discorso inauguralee che nell'avvenire penseranno gl'italiani meno abene inaugurare e più a ben terminare.

Dicevodunque che non voglio fare l'elogio della scienza. I panegirici sono usciti dimoda: e poiche bisogno ha lei del mio panegirico? Oramai ella è incoronataè la Regina riconosciuta de' popolisulla sua bandiera è scritto: in hocsigno vinces. Le lotte l'hanno ritempratai suoi errori l'hannoammaestratae non è valso incontro a lei scetticismonè indifferenze. Giuntaè oggi al sommo del suo potereed ha i suoi cortigiani e i suoi idolatrichepromettono in suo nome non solo maravigliema miracoli. È lei che rigenera ipopoli e che li fa grandisento dire. Io che mi sento poco disposto a'panegiricivoglio dire a lei la veritàcome si dee fare co' Potentivogliomisurare la sua forzainterrogarla: cosa puoi fare? Conoscere è veramentepotere? La scienza è dessa la vitatutta la vita? Può arrestare il corsodella corruzione e della dissoluzionerinnovare il sanguerifare la tempra?Sento dire: le nazioni risorgono per la scienza. Può la scienza fare questomiracolo?

Giàse guardiamo nelle antiche istorienon pare. La scienza greca non potèindugiare la dissoluzione del popolo greconè sanare la corruttela del mondolatino. il rinascimento intellettuale in Italia fu in il principio della suadecadenza. Maggiore era la colturae più vergognosa era la caduta.

Dinanzia questi fatti si comprende Vicoe siamo tentati a seguirlo nelle suemeditazioni. L'intelletto comparisce ultimo nella vitae più conoscepiù sifa adulto e più si sfibra il sentimento e l'immaginazionele due forze ondevengono le grandi iniziative e i grandi entusiasmi. La scienza è il prodottodell'età maturae non ha la forza di rifare il corso degli annidi ricondurrela gioventù. La maturità è certo l'età più splendida della vitanon ilprincipio ma il risultatoe piuttosto la nobile corona della storiachestimolo e inizio a una nuova storia. Appresso a lei viene la vecchiezza e ladissoluzione: e prendono posto popoli nuovipiù giovanieterna legge dellanatura: la dissoluzione degli uni è la generazione degli altri.

Lascienza cresce a spese della vita. Più dài al pensiero e più togliall'azione. Conosci la vitaquando la ti fugge dinanzie te ne vienel'intelligenzaquando te n'è mancata la potenza. Manca la fedee nasce lafilosofia. Tramonta l'artee spunta la critica. Finisce la storiaecompariscono gli storici. La morale si corrompee vengon su i moralisti. Lostato rovinae comincia la scienza dello stato. Gli Iddii se ne vannoeSocrate li accompagna della sua ironia; la repubblica declinae Platonecostruisce repubbliche ideali; l'arte se ne vae Aristotile ne fal’inventariola vita pubblica si corrompee sorgono i grandi oratori;l'eloquenza delle parole succede alla eloquenza de' fatti. Livio narra la storiadi una grandezza che fu con un preludio che chiameresti quasi un elogio funebre.E non so che funebre spira nello sguardo profondo e malinconico degli ultimistoriciTucidide e Tacito. La vita è scioltae Seneca aguzza sentenze morali.La vita è mortae Plutarco passeggia fra le tombe e raccoglie le memorie degliuomini illustri.

Puòdunque la scienzal'ultimo frutto della vitaricreare l'albero della vita? Ioconoscoe posso dire con verità: dunqueio posso? Anzi non sarebbe vero chela scienza è l'ultima produzione della forza vitalel'ultimo io posso dellavitala vita ritirata nel cervellodove ricomincia la sua storiauna nuovastoriapiena di maraviglieche pure è là sua coscienzae non la suapotenzamancate a lei tutte le forze produttivevivendi causaemancataal sentimento religioso la fedealla morale la sinceritàall'artel'ispirazioneall'azione l'iniziativala spontaneitàla freschezza dellagioventù?

Lascienza potè illustrarema non potè rigenerare la vita greca e la vitaromana. Non potèe credette di poterloe questa fede fu la sua forza. Laverità ch'ella cercavale sarebbe parsa cosa spregevolese non avesse avutofiducia di trasportarla nella vita. Platone vede nella scienza un istrumentoeticoe mira alla educazione della gioventù e alla prosperità dello statoeperchè l'arte gli pare corruttricesbandisce l'arte. Anche Aristotile ponel'etica a fine supremo della scienzae perdona all'arteperchè ci trova unfine eticola purgazione delle passioni. Socrate confida di potere ammaestrandola gioventù abbattere i sofisti e restaurare la vita patria. Ma la sua scienzanon era la vitae la vita fa Alcibiadeil suo discepoloche affrettò lapatria dissoluzione. Platone va in Siracusachiamatovi a rigenerare quelpopoloe la sua scienza non può ritardare di un minuto il corso della storia.Più la vita si fa mollee più la scienza si fa rigida; nel loro cammino sidiscostano sempre piùsenz'alcuna reciprocanza d'azione; di rimpetto allavasta corruzione dell'impero sorgono accigliati gli stoici. Lo stoicismo potèguadagnare a sè individuima non potè formare o riformare alcuna societàanzi esso fu la scienza della disperazionela consacrazione della dissoluzionesocialeil si salvi chi puòil Savio ritirato in sè stessoimpassibile alle vicissitudini del mondo esternodisertore della società. Lascienza operava sopra un mondo già corrottodove la libertà divenuta licenzaavea prodotto il dispotismoe dove le varie stirpi erano unificate dallaconquistavenute meno le differenze e le energie focali. Essa fu buona asistemare e organare quel vasto insiemee a introdurvi ordini e leggi stabiliche sono anche ogni documento dell'antica grandezza. Ma in quel sapientemeccanismo non potè spirare uno spirito nuovonon restaurare le forze morali eorganiche; lavorava nelle alte cimegià logore e guastee trascurava la basequegl'infimi strati socialidove le forze morali erano ancora latenti e interee dove operavano con più efficacia i seguaci di Cristo. Un giorno la Scienzasalì nella Reggiasi pose accanto a Lucianoebbe in sua mano tutte le forze enon potè nè arrestare la dissoluzione della vita pagananè rallentare laformazione della vita cristiana. Pure che orgoglio menava quella società dellasua scienza! con qual disprezzo trattava i barbari! e come avrebbero sorrisosequalche malaugurato profeta avesse lor dettoche que' barbari erano ipredestinati loro eredi e loro padroni!

Cessatala barbarierinasce la fiducia nella scienzae se ne attendono miracoli.L'ideale è BeatriceFede che è scienzae Scienza che è fede. La vita é uninfernoche la scienza di grado in grado trasforma in paradiso. E il Paradisoè la Monarchia universaleil regno della giustizia e della pacedove lascienza riconosce sè stessa. Venne il Risorgimentoe la scienza credettedavvero di poter ristaurare la vita. La scienza si chiamava MachiavelliCampanellaSarpi; e la vita fu Cesare BorgiaLeone decimo e Filippo Secondo. Ipensieri rimasero pensierie i fatti rimasero fatti. Ultimo raggio di una vitagloriosa che rifletteva sè stessa nell'arteprodusse una forma limpida ebellasegnata qua e là di tristezza e d'ironiacome sentisse di essere nonaltro che formavuota di ogni contenuto e d'ogni organismo. Quella che chiamòsua età dell'orofiorente di studidi artidi scienzefu la splendida etàdel suo tramontofu il sonno di Michelangiolo e fu la tristezza di Machiavelli.

Piùtardila scienza opera come religionediviene un apostolatosi propaga ne'popolitrova il suo centro di espansione nello spirito francesee provoca unmovimento memorabiledi cui oggi ancora continuano le oscillazioni. Nasce unanuova societàsi forma una nuova vita; la scienza ha anche lei i suoiapostolii suoi martirii suoi legislatoriil suo catechismoe penetradappertuttonella religione nella moralenel drittonell'artene' sistemipoliticieconomiciamministrativis'infiltra in tutte le istituzioni sociali.Ma era scienzae operò come scienza. Credette che rinnovare la vita fosso ilmedesimoche rinnovare le ideee conoscere fosse il medesimo che potere.Applicò la sua logica alla vitafatale e inesorabilecome una conseguenzadate le premesse. Cercò le premesse ne' suoi principii e nelle sue formolenonnelle condizioni reali ed effettive della vita. Avvezza a trattare il mondomeccanico come cosa suatrattò l'organismo sociale come un meccanismoe trattògli uomini come pedinech'ella potesse disporre secondo il suo giuoco. Concepìla vita come fosse ideale scientificoe tutto guardando attraverso aquell'idealeindebolìvolendo perfezionarlitutti gli organismi socialireligioneartesocietàe lo stato e la famiglia. Quando la vita cosìconculcata reagìella in nome della libertà uccise la libertàin nome dellanatura snaturò gli uominie volendo per forza renderli uguali e fratellierala scienza e divenne la forzaera la cimae non si brigò della basee labase un bel dì fè una scrollatina e s'inghiottì la cima. Così sparve ilregno della filosofia; la vita si vendicò e la chiamò per disprezzo ideologia;si credette un po' meno alle idee e un po' più alle cose. Più viva era statala fede nella scienzapiù acerbo fu il disinganno. E se ne cavò questa duraverità: la Scienza non è la vita.

Innanzia questi esempii io mi raccolgo e mi domando: cosa è la vita di un popolo?

Unpopolo vivequando ha intatte tutte le su forze morali. Queste forze nonproduconose non quando trovano al di fuori stimoli alla produzione Piùgagliardi sono gli stimolie maggiore è la loro intensità e vivacità. Glistimoli ti creano il limitecioè a dire uno scopoche le toglie dal vagodella loro libertàe le determinadà loro un indirizzo. In quanto la lorolibertà è limitataqueste forze sono produttive. L'uomo fortequando purevoi gli togliate il limitese lo crea luie se non può legittimose lo creaillegittimo: perchè la forza ha bisogno del limitecome il mezzo ha bisognodello scopo. Testimonio è il preteil qualenegati a lui i figlisi sentecon più tenace affetto legato a' nipoti. Più il sentimento del limite èfiacco in un popoloe più è debolepiù è vicino alla dissoluzione: e percontrario la vita è più potente là dove è una coscienza più sviluppata dellimite.

Peruscir dell'astrattoguardiamo cosa era l'uomoprima che la scienza moderna viavesse posto la mano.

L'uomodel medio evorobustissimo di sentimento e d'immaginazionenella pienezzadella sua libertà e nella foga delle sue passionitrovava ad ogni passo de'limiti accettati dalla sua volontàperchè non erano imposti con violenza daldi fuorima erano il prodotto della sua coscienza. Que' limiti perciò nonerano ributtati come ostacoli ma erano rispettati come doveri e come stimolialla produzione. Aveva la sua casadove trovava la donnamateria divenerazione e quasi di cultoil padre della famigliaarmato di drittiformidabiliavvezzo al comando e sicuro dell'ubbidienzail nome dellafamigliavincolo comune e rispettatoche imponeva a tutti gli stessi odii egli stessi interessitradizioni secolaridi cui era viva la storia ne'testamenti degli aviche con previdente affetto abbracciavano i secoli eincatenavano l'avvenire alla perpetuità del casato. La famiglia era già perlui come una piccola patriache gli creava doveriapprovati dal suo cuoreetrasformati in gagliardi stimoli al decoro e alla prosperità della casa. Eaveva la grande patria vicina e concretache incontrava ad ogni passo dellavitaimmedesimata col suolocon la casacon le parenteleco' suoi interessile sue passioni e le sue aspirazionicomunanza di sentimenti e di credenze e dicostumiche con vocabolo singolarmente espressivo era detto il Comune. Ivitrovava nuovi vincoli e nuovi stimoli all'operala sua chiesa e la suaclassepoderosi organismide' quali si sentiva parteforte della forzacomune. Quando si spiegava all'aria il gonfalonetutti vi si stringevanoattornodeliberati a porre per quello le sostanze e la vitaperchè ilgonfalone era il simbolo della patria e la patria era la terra de' padriera lafamigliala chiesala classeil comune. L'uomo viveva come abbarbicato al suosuoloa' suoi avialla sua casaalla sua chiesaalla sua classeal suocomunechiuso in potenti organismiche gli rammentavano doveri da compiere piùche dritti da rivendicare. Si sentiva non un individuo libero e isolatomaparte di un tuttovivente della vita di quellofigliomaritocittadinosoldatocredentedi questo o quel ceto. E qui era il difetto di quei ferreiorganismi; l'individuo non vi aveva fini proprima un fine comuneche spessopesava sopra di lui come il fatoe uccideva la sua libertà. A poco a poco illimite soperchiòcessò di essere uno stimoloe divenne un ostacolo. L'uomostretto come in una rete di organismi soprapposti gli uni agli altride' qualinon sapeva come distrigarsivi si sentia affogare e intisichiree prese inodio i sentimenti più cari della vitala sua religione la sua famigliail suocomunela sua classe. Volendo rovesciare l'ostacolosoppresse lo stimolo. Queilimiti non furono più doveri graditiaccettati dalla sua volontà ma obblighiimposti dalla violenzae nell'ardore della lotta perirono nella sua coscienzanon solo quegli obblighima quei doveri; la religionela stessa morale glidivenne sospettaperchè invocata da' suoi oppressori; maledisse la società ela legge come istrumenti della sua oppressione e sospirò allo stato di naturae perchè nel suo sangue ci era entrato il guastocacciò da sè il sanguecattivo e il sangue buono: così cominciò quella dissoluzione che Machiavellichiamava corruttela italiana. Molti fanno di quella corruttela autrice lascienzae non veggono che la scienza apparve quando la materia era giàcorrottaapparve per risanare.

Checosa era la scienza? Era l'intelletto già adulto che acquistava coscienza dellasua autonomiae si distingueva da tutti gli elementi del sentimento edell'immaginazionein mezzo a' quali era cresciuto credulo e ignaro di sè. Erala Natura già maledetta e scomunicata che si affermava in mezzo alla societàdel soprannaturale e del privilegioe proclamava i dritti dell'uomo. Eral'individuo che contrapponeva la sua autonomia dirimpetto a tutti quegliassorbenti organismi degli esseri collettividirimpetto alla famigliaalComunealla Chiesaalla Classeallo Statoe si proclamava fine e non mezzo.Il limite aveva soverchiato la libertà. E la Scienza era la Libertàchereagiva contro il limite.

Perchèla scienza ebbe così piccolo potere sulla vita romana? Perchè la vita vi siera raffreddataritiratosi da lei ogni stimoloogni sentimento del limite. Ese ne volete una immagineguardate alla catastrofe. Là erano i barbari che siavanzavanoe qua erano soldati accampati alle frontiereche li attendevano.Quelli portavano seco la patriala famigliale loro donnei loro vecchiiloro figlierano un popolo in marcia: le loro migliori armi erano le loro forzemorali. Là era la famigliae qua era la casermasoldati di ogni gentetuttichiamati romanie perciò nessuno romano davverotenuti insieme nella vitaartificiale de' campi senz'altro stimolo che lo stipendiosenz'altro vincoloche la disciplinaformidabili non a' loro nemicima a' loro concittadinicheli chiamavano pretorianilontana dalli occhi e dal cuore la casala famigliail tempiola patriatutti gli stimoli che fanno grandi gli uomini

Eperchè la scienza potè così poco in Italia? Perchè vi erano indeboliti tuttiquei limiti che svegliarono tanta potenza di vita in quella che fu chiamata etàdi mezzo; fiaccati i caratteriprostrate le forze moralirimaste vacue formechiesafamigliapatriaclassestatoogni organismo socialeogni vitapubblicavacue formealle quali l'alta ironia dell'intelletto italiano avevaportato via il contenuto. Nello stesso scienziato la vita era molto al di sottodel pensierospesso violenti e radicali i concettiipocrita il linguaggioeservili le opere. La scienza può dare un nuovo contenutoquando trova materiache lo riceva; altrimenti è un Soleche irradia nel vuoto senza poter formareattorno a sè il suo sistemae va in cieli più lontanicercando materia piùgiovane e più feconda. La scienzaperchè operi sulla vitabisogna che ami lavitaquale la trovaguasta che siae studii a ricreare ivi dentro gli stimolie i limitinettandoli della scoria che il tempo vi ha aggiunti e riconducendolia' loro principiiquando erano più nella coscienza che nelle istituzioni. Mase il guasto è nelle radicise insieme con la religione è mancato ilsentimento religiosose il sentimento della patria e della famiglia e dellanatura e della libertà è fiaccose le stesse radici della vita son secchecosa ti può fare la scienza ? La scienza non ti può dare la vitaanzi levolge allora le spallee se ne disgustae non segue più il corso delle' cosesegue il corso delle ideesi ritira nella solitudine del pensierorinunzia aqualsiasi azione immediata sulla vitalavora per l'umanitàfruttifica inaltre terre. Così la scienza fu presso noi più radicale ne' suoi concepimentie più sterile ne' suoi atti. Molti oggi ancora se ne glorianoe vantano lalucidità dell'intelletto italianoche vedeva così alto e così lungiquandoaltrove si disputava ancora di cose teologiche. E non pensano che l'intellettoitaliano vedeva meglioperchè il suo cuore sentiva peggiomancati isentimentile passionile illusioniche trattengono nel suo volol'intellettoe lo tirano nella loro orbitae impediscono che ne scappi fuorilibero nella sua corsama solitario e infecondo.

Lascienza potè così poco in Franciacome in Italiama per opposte cagioni. Tranoi una vita piena ed agitata compiva allora il suo cicloriflettendosi nellearti e nelle scienze; ivi era nel suo pieno fioree il limite vi si mantenevaancora con molto prestigio. La monarchia vi era istrumento di conquistadiunificazione e di gloria; abbondavano i Casati illustriche rappresentavano leglorie nazionali; la religione ricordava le più nobili tradizioni popolariCarlo Magno e Carlo MartelloGoffredoSan LuigiGiovanna d'Arco. Le forzepopolari vi erano impetuoseespansiveimmaginose ed ambiziose; ciò che èancora oggi gran parte del genio nazionale. Contro a questa vita robusta egiovane urtò indarno l'ironia di Rabelaisil buon senso di Montaignelospirito severo e prosaico degli Ugonottila riflessione malinconica di Pascale le sottigliezze estatiche de' giansenisti. Lo spirito nuovo potè appenascalfire la superficie di una vita più rumorosa che serianella quale invanocercavi il raccoglimentola riflessionela calma e l'equilibrio interiore.Lotte vi furono violenteardentimescolate di scandali e di epigrammicomeportava il genio nazionale; ma Parigi valeva bene una messae gl'interessipugnavano alla conservazione di una vitache si sentiva ancora rigogliosa. Lospirito pubblico sazio di conquiste e di gloria si addormentò sotto l'ombra delgran Re e tra le fallaci apparenze del secolo d'orodi cui erano ornamentoletterati e scienziatipomposo lusso di cortebrillante preludio ad una vitatutta di convenzioneallegraelegantescioltasotto alla quale ruggivanoinesplorate profondità. Il risveglio fu terribile. Sorse il disprezzo versotutte le istituzioni nazionalidivenute decorazioni di cortee in queldisprezzo soffiava l'ironia di Voltaire e la collera di Rousseau. La scienza vidivenne rivoluzioneperchè ebbe a suo servigio una nuova classeche chiedevail suo posto nella vita. E la rivoluzione fu violentarapidadrammaticaenelle sue convulsioni assoluta come la scienza astratta come l'umanità.Cercando libertà non nel limitema contro il limiteruppe il limitee nondiede la libertà. Combattendo la superstizionespense negli uni il sentimentoreligiosoe provocò negli altricome reazioneil fanatismo. Stabilìl'uguaglianza giuridicae produsse una disuguaglianza di fatto sentita piùacerbamente in quella contraddizionee il frutto fu l'odio di classeil piùattivo dissolvente socialee i più delicati problemi abbandonati alla forzabrutale. Mobilizzò fortunefamigliecostituzioni e governie il turbinìorapì seco ogni costanza di carattereogni fermezza di disciplinaogni vincolosocialeil culto del dovere e della legge. Sviluppò grandi caratterigrandiforzele usò e le abusòtrattò e stancò in tutti i versi una vita dotatadi tanta elasticitàche oggi ancora così calcata minaccia ed offende. Quandonon potè avere le cosesi appagò de' nomi; non potendo aver la sostanzaabbracciò l'ombra; riebbe l'imperatore senza l'imperola repubblica senza irepubblicani; ripetè e scimieggiò sè stessa; ripetè rivoluzioni senzarivoluzionariiepopee senza eroi; la storia divenne un circolonel qualeelementiora vintiora vincitorisempre violentisi dibattono e siconsumano. Limite e libertàindeboliti nella coscienzalogorati nell'attritonon furono più le funzioni organiche di una società armonica; furonomeccanismi tanto più artificiosi e complicati ne' loro congegniquanto la vitainterna vi era più debole e men rispettata; sicchè nè i concordatirinvigorirono la fedenè le costituzioni rinvigorirono la libertà. Operandofuori di ogni tradizione e di ogni condizione storicala società rimase in balìaal lavorio de' cervelli; furono provati tutt'i meccanismifurono fatte tutte leesperienze; i fatti furono costretti a camminare con la stessa velocità delleidee; la storia uscì dalle sue vie naturalifu una corsa vertiginosache nonancora ha trovato il suo punto di fermatalasciando dietro di sè nel camminointelletti dubbiosisentimenti vacillanticaratteri mobilinon so cheinsoddisfattouno spirito irrequietoavventurosoche molto si agita e pococonchiudesenza fermezza ne' fini e senza serietà ne' mezzi.

Questafu la prima provanella quale l'influsso della scienza è visibile. Più cherivoluzionefu reazione della natura contro la societàdella libertà controil limite. Ciascuna forza sociale nell'espansione della sua gioventù sioltrepassa e si esagera. La religione che non è di questo mondovuol esserequesto mondo; lo stato usurpa a sua voltae usurpa la famigliae usurpa ilcomune e usurpa la nazione. Anche la scienza è usurpatricee invade le altresfere della vita socialee vuole realizzare in quelle sè stessaalterando laloro naturavuole formare una società intellettuale e scientificae come sidiceva un tempoil regno della filosofia. Ultima forma dello spiritonon èmaraviglia che cerchi sè stessa in tutte le altree dove non vi si trovivisi cacci per forza. Nel suo orgoglio e nella sua inesperienza presunse troppodella sua forzacredette che quello che allo spirito apparisce ragionevoledovesse e potesse per ciò solo tradursi in attoe il suo motto fu: periscanole coloniepiuttosto che i principii. Le colonie perironoma non sisalvarono i principii. E cosa avvenne? La scienza perdette il suo creditoquasifosse ella stata cagione di tutte quelle calamitàe gli uomini nel lorodisinganno rincularono insino al medio evocercando salvezza nel catechismoquasi che fosse così facile restituirlo nella coscienzacom'era facilerestituirlo nella memoria. Certoda quel moto indimenticabile molti beneficiisono venuti all'umanità. La libertà si è fatta via ne' popoli civili; moltilimiti artificiali sono caduti; molti limiti sociali sono trasformati;l'autonomia e l'eguaglianza dell'individuo ha generato l'autonomia el'eguaglianza della nazioneil sentimento di nazionalità; la scienzaammaestrata in quella terribile provacalando dalla sommità de' suoi idealied entrando ne' misteri della vita e nelle vie della storiaassisa sopra tanterovine si è fatta pensosapositiva e organizzatrice L'esperienza ha fruttato.Siamone grati a quel nobile popoloche fece l'esperienza a sue spesesul suocorpo e sulla sua anima; a questo martire della umanitàche vi logorò leforzevi abbreviò la vita; a questo popolo che ha avuto più difetti checolpee la storia punisce sempre i difetti e risparmia spesso le colpeperchèil difetto è debolezzae la storiacome la naturanutre i forti anchecolpevoli a spese de' deboli.

Lascienza che nella società latina ingoiò più di quello che poteva assorbire edigerirerestò al contrario nella vita anglo‑alemanna modestaausiliariaperchè ivi incontrò organismi formidabilipieni di prestigio e diforza e di fiduciae non si mise già di contro ad essi come nemicaperdisfarlima penetrò ivi dentro con moto lentoma continuo. E con pocaresistenza; perchè gli organismi viventinel rigoglio del loro sviluppononhanno in sospetto la scienzaanzi se ne valgono come istromento ad allargarsi econsolidarsipurgandosi e riformandosicioè cacciando da sè le parti morte estantiee rinnovando la materia; dove gli organismi vecchi e aridi stannochiusi in sè e temono la scienzaodiano l'aria e la lucecome cadaveri che alcontatto dell'aria si dissolvono. Ivi la scienza operava non fuori del limite maentro di quelloe illuminava dall'alto la vita senza mescolarvisisenzasforzarlacontenta alla sua parte modesta. Cosi ci vive e ci vivrà lungo tempola chiesail comunela classela famiglialo stato e la leggelimitirispettatila cui voce è ancora potente nel cuore degli uominie vi stimola evi sviluppa le forze produttive. E ci vive insieme la scienza e la libertàlapiù ampia libertà di coscienzadi discussione e di associazioneche pur nonè un pericoloma una forzaperchè il volo dell' intelletto ha ivi il suolimite nelle forze sociali ancora integreil sentimento religiosoladisciplinala tenacitàil coraggio moraleil sentimento del dovere e delsacrifiziol'amore della natura e della famigliail rispetto dell'autoritàl'osservanza della leggetutta quelle forze morali che nel loro insieme noichiamiamo l'uomo. Sento dire che la scienza ha fatto grande la Germania. Ah!signorisono queste qualità che fanno grandi i popolie la scienza non lecreave le trova. Ben può ella analizzarlecercarne l'origineseguirne laformazionedeterminarne li effetti; ben può anche moderarlecorreggerlavolgerla a questo o a quel fine: una sola cosa non puònon può produrleedove son fiacche e logorenon può lei surrogarle. Noella non puòdove ilsentimento religioso languiscedire: la religione son ioe non puòdovel'arte è isterilitadire: arte son io; può darti una filosofia della storiadel linguaggiodell'uomodello stato; ma non ti dà la storiail linguaggiol'uomolo stato. Ti dà la coscienza della vitanon ti dà la vitati dà laformanon ti dà la materiati dà il gustonon ti dà l'ispirazioneti dàl'intelligenzanon ti dà il genio.

Unaforma non intende l'altra. Il sentimento non comprende l'immaginazioneel'immaginazione non comprende l'intelligenza. Ciascuna forma pone sè stessanelle altree non ci vede che sèe si ride di ciò che non è lei. Ilsentimento guarda con occhio di compassione l'uomo d'immaginazioneche habisogno d'idoli per alzarsi fino ad esso; e l'intelletto non comprende ilsentimento nella sua ignoranza semplice e commovente. Una forma progrediscedavveroquando riconosce il suo limite nelle altre formee le studia e lecomprende e le rispetta e fa di quelle il suo vestito. La religione cattolica fupotente davveroquando uscì dal suo ascetismoe riconobbe il suo limite nellavitae se ne appropriò le passionigl'interessi e le formee il papa fu Ree il Cardinale fu principee il Vescovo fu barone. Sotto a quel vestitotemporale ci era lei nel suo spirito e nella sua verità; e se scaddegli èche quel vestito divenne il suo corpo e la sua sostanzae se perdette la vitatemporalegli è che da lei s'era ritirata la vita spirituale. Un granprogresso ha fatto la scienzaquando è giunta a riconoscere il suo limitenella vitae si è fatta potenteperchè si è fatta modesta. Quel giorno chepotè contemplare sè nella vitae trovare ivi dentro la sua sfera accanto allealtre e studiarlecomprenderlerispettarle nella loro autonomianella lorolibertànel loro diritto alla vitaappropriarselefare dì quelle il suovestitorimanendo ivi dietro causa attiva e trasformatricequel giorno fu ilprincipio della sua potenza. Questa è la grande scoperta del nostro secolochevale bene quella del vapore. L'ideale antico era Beatricela scienza che puòtuttola dottorona e la teologa; il nuovo ideale è Margheritala vitaignoranteinconscientema ricca di fededi affettod'immaginazione ed'illusione. Ela scienza diviene Faustil sapiente che ha disprezzato la vitae si è chiuso ne' librie attende dalla scienza miracoliattende l'homunculuse che nel suo disinganno lascia i libri e cerca la vitae tuffandosi nellefresche onde della natura e della storia ritrova la sua gioventùritroval'amore e la fede. Allora si capì perchè i filosofi furono meno potentidegl'ignoranti apostoli; perchè i romani con tante scuole e con tanta dottrinasoggiacquero alli analfabetiche chiamavano barbari; perchè Machiavelli chesapeva di statofu meno possente di quei barbariche fondavano gli statieperchè i civili italiani poterono disprezzarecomprendereschernirema nonvincere l'ignorante barbariemaestri incatenati da' loro discepoli. Allora sicapì che la scienza non è il pensiero di questo o di quellonon questo o quelprincipioma è produzione attivacontinua di quel cervello collettivochedicesi popoloproduzione impregnata di tutti gli elementi e le forze egl'interessi della vitae si capì che làin quel cervelloella dee cercarela sua legittimitàla sua base di operazione. Più si addentra nella vitapiùimita la storia ne' suoi procedimentipiù dissimula sè stessa in quelle forzee in quegl'interessie più efficace e più espansiva sarà la sua azione.

E cosa è uscito da questa scienzache ha saputo misurare sè stessa eritrovare nella vita il suo limite? Là dove le forze morali sono ancora saneivi ella è principio attivo e assimilatoreproduce nuovi organismi sociali. Madove il sentimento del limite è raffreddato e le forze organiche indebolitelànon è buona quasi ad altro che a darti una coscienza della tua decadenzalaquale ti toglie le ultime forze e affretta la tua dissoluzione. Così perqualche tempo la colta Europa dubitò del suo avveniree si proclamò da sèvecchiae si domandò se forse non era destinata a diventare cosacca. Così noilatini parliamo oggi della decadenza della razza latina; e non so davvero qualforza rimanga più ad un popolo che si rassegni ad un preteso fato storicoeperda fede nel suo avvenire e predichi la sua decadenza. Quanto a mepreferiscoa questa scienza l'ignoranza del popolanoche stimi sè ancora erededell'antica grandezza romanae sogni l'impero del mondo.

Unavolta la scienza era tuttoe s'imponeva con la forza. Oggi corriamo al segnoopposto; la vita è inviolabilee bisogna lasciarla fare. Una volta fruttodella scienza era la violenza; oggi frutto della scienza è una libertàpoltrona e inorganicache lascia la vita al suo processo storicofosso anchedi dissoluzione; che abbandona a sè stesse le forze cozzanti; che fa dellostato un essere neutro e ipocritaun testimonio più che un attore; che silascia fuggir di mano il frenoe che rivela l'indifferenza entrata negli animie quel difetto d'iniziativa e di coraggio moraleche noi sogliamo mascheraresotto la formola del lasciar fare e del lasciar passare: sicché frutto dellascienza è una libertà che ripudia la scienza come potere legittimo edirettivoe abbandona la società al flutto delle opinioni e a' rottami delpassato. Diciamo la verità. Al paese si dee la veritàe si dee a noi stessi.La scienza è un pezzo che si è ritirata da noie non opera più ne' nostricervellinon produce più. Noi ripetiamo una canzone divenuta malinconica pervecchiaiache non fa più effettoneppure sopra di noi. E perché dentro dinoi non ci è una idea che ci tormentanon un sentimento che ci stimolagridiamo pomposamente: lasciamo fare e lasciamo passare; la scienza fa da sèela scienza fa miracoliquasi che i miracoli li facesse la scienza e non l'uomo.La scienzaquando si move dentro di noiè attivae penetra in tutti gliorganismie gl'illumina e li trasforma sotto la sua azione lentamaperseverante. Non è scienza codestache produce idee scioltesenza virtù dicoesioneed ha per sua arma di guerra non organismi opposti ad organismimaironia e caricatura: sicchè talora avviene che organismi vecchi e screditatirimasi intatti li colgono in mezzo a quel risolino e si chiudono sopra di loro eli ricoprono. Perchè quello resta che è organizzatoe organismi battezzatiper morti hanno sempre maggior forza che idee vaganti e ironichepiovute di quae di làmiscuglio inconsistente di vecchio e di nuovomutabili ne' cervellisecondo il successo e la moda.

Lascienza ha prodotto presso di noi due grandi cosel'unità della patria e lalibertà. Dico la scienzaperchè è leiche ha scosse le alte cime dellasocietàe le ha messe in movimentotirandosi appresso e galvanizzando larestante materia. L'unità della patria è la concentrazione di tutte le forzee la libertà è lo sviluppo di quelle secondo il processo della natura e dellastoriaè la loro autonomia e la loro indipendenza. Grandi cose son questeidee sempliciaccessibiliche non hanno bisogno di libri e di scuolesonoistrumenti del lavoroma non sono il lavoro; sono forme che si putrefannoprestoove ivi dentro non è una materia che si mova. Che cosa è l'Italiasenza italiani? Che cosa è la libertà senza uomini liberi? Sono forme senzacontenutonomi senza soggetto; sono il prete senza fedesono il soldato senzapatria.

Anchenella vita ci è il pensieroun pensiero latentelenta formazione de' secoliche riproduce e trasmette sè nelle generazioni mescolato co' succhi generativi.La vita si rinnova nell'altoe questo pensiero scava il suo letto piùprofondoe si abbarbica ne' cervellicome quercia nel suoloe non si move piùrimane incastratostagnantepassivorimane la mano morta della vita. Noi nonsiamo penetrati in questo pensieroci abbiamo solo sovrapposto il nostropensieroe prima abbiamo pesato troppoe quello ha mosse le spalle e lo hagittato giù. Poifatti savii e abilivogliamo vivere in buona pace l'unoaccanto all'altroe gli diamo la libertà e gli diciamo: muoviti e cammina; equello risponde con l'apatiae se lo punzecchiate tropposi moverà e cammineràcontro di voiravviluppato più fieramente in sè stesso. La libertà non giovaa quelloe non giova neppure a noi; perchè il nostro pensierocome stancodella lunga produzionenon sa più qual uso farsene. Perciò la sua forza d'azione è divenuta inferiore a quella forza di resistenza. Quel pensiero èinsieme volontàabitudinestoriatradizionetutta la vita. Può dirsi ilmedesimo del vostro pensieronato ieriappena e male assiso nel vostrointellettoe che non è ancora in noi volontàsentimentofedeimmaginazionecoraggioiniziativadisciplinanon è ancora energia? Quelpensiero voi potete schernirloma è più forte di voiperchè senteimmaginacredefa quello che pensa. Dicono: lasciamo fare allo spirito del mondo.Abbiamo fede nel progresso. Il tempo e la libertà matura tutto. Certamente.Anche io ho fede nel progresso dell'umanitàma non nel progresso dellenazionie se il processo è di dissoluzioneil tempo e la libertà non maturache la morte. E poniamo pure che la società sia sana ed abbia le sue forzeintatte; ma dunque la scienza non è parte anche lei di questo spirito delmondo? Un tempo tutto era leie oggi sarà divenuta semplice spettatrice dellastoriae abdicherà ad ogni suo potere sopra questa pianta che si chiama uomoe la sua ultima conclusione sarà: lasciamo fare e lasciamo passare? Lei hapotuto costringere la natura a camminare più rapidaha creato il vapore; equando si tratta dell'uomo orache il movimento sociale è acceleratoora chei secoli si chiamano decenniiattenderà tra noi che il tempo faccia il suocomodo e maturi quando gli viene?

Lalibertà di tutti o per tutti è oramai un punto acquisitogià oltrepassatodalla scienzanon contrastato più invocato anche dagli avversarii. La missionedella scienza è oggi di dare a questa libertà un contenutodi darle il suocontenutonon invadendo le altre sfere della vitama lavorando ivi dentro etrasformandole. Abbiamo già un contenuto scientificoun complesso d'ideechechiamiamo lo spirito nuovo. Ciò che rimane è che sia davvero spirito. Lascienza continuerà nelle sue alte regioni il suo processo di elaborazione e diformazione; ma ciò che urgeè che ella mi crei questo spirito nuovo. Imilioni di analfabeti scossero un giorno le nostre fibre. Illuminiamogl'intellettisentii dire; qui è il rimedio. Leggere e scriverefar di contiun libriccino de' doveri e delle creanzestorie e favolettee la scienzapenetrerà ne' più bassi fondi della vita e se li assimilerà. Or questaistruzionemi contenta assai mediocremente. Credete voiSignoriche i romanidegeneri non avevano libri e scuole? o che loro mancavano trattati di moralepratiche religiosee storie dì uomini illustri? I giovani romani andavano inAtene ad imparare virtù e libertàe tornavano retori e accademici. E gliaccademicicome Ciceroneerano gli eclettici e i temperati di quel tempochetenendosi in bilico tra stoici ed epicurei rimanevano in quella mezzanità chemeglio rispondeva alla bassa temperatura socialee lasciavano fareelasciavano passare insino a che vinto ogni ritegnola società si chiarìepicurea e materialista. Questo non diceva loro il libro: anzi il libro parlavasavio; il libro parlavae la corrotta natura operava. Or questo è appunto iltarloche ha roso l'antica nostra societàe che noi chiamiamo la decadenza:altro pensare e altro fare. E noi che abbiamo tanta fede; nell'istruzionedobbiamo domandarcise siamo davvero tornati giovanie se quella decadenza nonci ha lasciato niente nelle ossa e nel cuorese noi serbiamo intatte le nostreforze fisiche e morali. Ma se il nostro male è l'anemiase ci è bisogno unacura ricostituente e corroborantel'istruzione può illuminare il nostrointellettonon può sanare la nostra volontà. E poiquando dentro è difettodi caloregià non produrremo noi nè scienzanè istruzione. Avremo unascienza di riflessonon figlia nostranon forma del nostro cervellomavenutacisecondo la modadi Francia e di Alemagnae prima di fare noicidomanderemo: cosa fanno gl'inglesie cosa fanno gli americani. Non che sentireil pungolo della vergognama ci consoleremo e ci applaudiremoproclamando chela scienza non ha patriae bisogna pigliarla dov'èe quando altrove è bellae fattaè inutile stillarci noi il cervello. E non è vero. La scienza non puògermogliare senza una patriache le dà la sua fisonomia e la sua originalità.E là dove cresce bastarda e presa ad imprestitonon ha fisonomiae rimanefuori di noinon opera in noinon riscalda il cervello. Non produrremo lascienza e non produrremo l'istruzione. Accetteremo dal di fuori metodi e libricostituzioniordinamenti e leggie spesso piglieremo un abitoquando là dov'ènato è già logoro e messo fra' cenci. Così tutto è mezzanitàmezzaistruzionemezze idee. La scienza. è sistema com'è la vitale migliori veritàsono falsitàse non sono nella mente coordinate e limitate. Idea intera èidea nel sistema; mezza idea è idea scappata dal centroe presa per sè ècosi vera leicome è vera l'opposta. Onde società e individuidivenutecervelli centrifughipassano con facilità dall'una all'altrae oggi gridanolibertàe domani gridano autorità. La nostra vita è a pezzia ritagliconmolto di nuovo nelle parolecon molto di vecchio ne' costumi e nelle operesicché dentro di noi non è serio nè quel nuovonè quel vecchio. Tale è lavita e tale è la scienza. E posso dire il contrario: tale la scienzatale lavita; perché la scienza è la vita che si riflette nel cervelloè il prodottodella stessa materiae se la vita è guastala scienza è guastae non chefaccia miracolima non può fare neppure il miracolo di avviarci alla verascienzaa' sodi e serii studii. Piccola azione dunque avrà sulla vita questascienza e questa istruzione. E quando pure sia istruzione soda e interagiànon guarirà il nostro male che ha la sua sede nella fiacchezza della fibra enella debolezza delle forze morali. Conoscere non è potere. Vagheggiamo non soche enciclopedico nella gioventùabbiamo aumentata la serie delle sueconoscenze e non perciò abbiamo aumentata nè la forza del cervellonè laforza del carattere. Con questi preludii allarghiamo la nostra azione anche allebasse classivogliamo spandere i lumi del secolocome si dicespezzare aquelle il pane della scienzaed è venuta su una letteratura popolaretuttasmancerie e tutta fiorentinerietutta diminutivie in una forma da commediache chiamano lingua toscana un accozzame di roba filosofica e di roba cattolical'ateo e la suora di carità a braccetto. Così noi pensiamo fortiter etsuaviter d'insinuarci nel cuore del popolocome già il demonio nel cuoredi Evae fargli gustare il frutto proibito senza troppe grida del babbo e delpretee vogliamo insegnare la verità col mezzo della menzognainculchiamonegli altri certe ideedi cui ci beffiamo nel secreto della coscienzaegridiamo contro i pretie ci mettiamo sul capo il berretto del prete. Cosìfortificheremo la fibrarialzeremo i caratteri e formeremo l'uomo. A questogioco si corrompe maestro e scolareborghesia e popolol'una ipocrita ebeffarda1'altro che sopra un fondo vecchio metterà una vernice di nuovo. Quelfondo vecchioquel pensiero secolare resisterà. Potete ben cacciare certe ideee mettercene altrepotete mutar nomi e formee quel figlio de' secoli metteràil capo fuori a traverso di quellee dirà a Bruto: ti facciamo Cesaree diràalla Ragione: ti facciamo una Dea.

Ilmotto della scienza era un giorno la libertà contro il limite; oggi è laristaurazione del limite nella libertà. Noi abbiamo distrutti o indebolititutt'i limiti al dì fuorie non li abbiamo ricreati dentro di noi. Nel furoredella lotta li abbiamo odiatidisconosciutie perché al di fuori eranosuperstizioneoppressione; abbiamo ucciso dentro di noi anche il sentimento cheli rigenerae siamo rimasti nel vuoto. Quei limiti sono lo stimolo che sviluppale forze organiche e creano la serietà e la moralità dalla vitae ci toglieall'egoismo animalee ci rende capaci del sacrifizio e del dovere. La scienzaaltro non è se non ricostituzione de' limiti nella coscienzala riabilitazionedi tutte le sfere della vita. L'uomo della scienza è il più alto e virile tipod'uomoche non ha bisogno di cultoperché ne ha dentro di sé il sentimentoe non ha bisogno di stimoli esterninon di medaglie e di titolidi pene e dipremiidi stato e di leggiperché quegli stimoli li sente più vivamentedentro di sée non ci è bandiera e non ci è gonfaloneche abbia la forzadella sua coscienza. Quando questi stimoli interni operanopresto o tardi cidaranno la forza di ricostruirci anche un simile mondo esternola concordia saràristaurata tra la scienza e la vita. Ma dove operano mollementenon hanno virtùorganicae caricando e beffeggiando si sentono soddisfattie altro è lascienzaaltro è la vita. E allora chi vi dà il dritto di negare il Dio fuoridi voiquando vi manca virtù di ricreare Dio dentro di voie raggiarlo al difuori? Chi vi dà il dritto di negare l'eredità e la solidarietà di famigliaquando dentro di voi non ci è altro che il solitario Voi? Chi vi dà il drittod'invocare nuove forme e nuove istituzioniquando la materianonche altroèguasta fino dentro di voi? Se la scienza non può ricostituire quest'uomointernomeglio il di fuoriguasto e viziato com'èche il vuoto. Questo saràil grido di tuttianche degli uomini coltie questo spiega le reazioni. Lasocietà non può vivere lungamente sopra idee che non generanononorganizzanoe dopo varie oscillazioni si adagerà per stanchezza nel suo statoanticoquale l'hanno fatta i secoli.

Forseio carico le tinte. Ma trovo intorno a me apatia ne' fattiprosunzione nelleparole. E pur bisogna sferzarla quest'apatiaumiliarla questa prosunzione. Lemie inquietudini sono oggi il tormento de' più elevati intellettiil problemade' problemila missione urgente della scienza. Una volta tutto era filosoficooggi tutto è sociale. Abbiamo la fisica socialela fisiologia socialel'economia socialeantropologiapedagogiatutti sono intorno a questo grandemalato. Ci è un cumulo di scienze che si potrebbero chiamare con una parolalamedicina sociale.

Lagrande medicina era un tempo l'istruzionee ora che l'istruzione ha reso tutt'isuoi frutti in Germaniagià non basta piùe Virchow impensierito invoca unaeducazione nazionale. La scienza dee organizzarmi questa educazione nazionaledee imitarmi il cattolicismola cui potenza non è il catechismoè l'uomopreso dalle fasce e tenuto stretto in pugno sino alla tombadee imitarmi queisuoi organismi di granitosu' quali ella picchia e ripicchia da secoli e ancorainvano.

Ciascunascienza ha la sua epoca. La vita corre là dove si sente riflessacolta dalverocome si trovaquella è la scienza viventeche fa batterei coriche haun'azione sulla vita. Oggi la vitasi sente attinta da un malore incognitolacui manifestazione è l'apatiala noiail vuotoe corre per istinto colàdove si parla di materia e di forza e come ristaurare l'uomo fisicoe comerigenerare l'uomo morale. Letteratura e filosofiascienze mediche e scienzemoralitutte prendono quel riflesso e quel colore. Rifare il sanguericostituire la fibrarialzare le forze vita è il motto non solo dellamedicina ma della pedagogianon solo della storiama dell'arterialzare leforze vitaliritemprare i caratterie col sentimento della forza rigenerare ilcoraggio moralela sinceritàl'iniziativala disciplinal'uomo virile eperciò l'uomo libero. Le università italiane oggi sono come tagliate fuori delmovimento nazionalesenz'alcuna azione sullo Stato che si dichiara essereneutroe con piccolissima azione sulla società di cui non osano interrogare leviscere. Divenute fabbriche di avvocatidi medici e d'architettiseintenderanno questa missione della scienza odiernase usando la libertà cheloro è dataaffronteranno problemi attuali e taglieranno sul vivose avrannol'energia di farsi esse capo e guida di questa restaurazione nazionaleritornerannoquali erano un tempoil gran vivaio delle nuove generazionicentri viventi e irraggianti dello spirito nuovo.